I figli sono del genitori, e no dello stato: Blitz dei genitori per liberare la figlia rinchiusa in comunità a Casalnoceto
Una minorenne di Pavia da due anni è ricoverata nella Comunità Terapeutica Paolo VI gestita dalla Curia di Tortona, dove, secondo quanto risulta all’avvocato Miraglia di Roma che segue la vicenda, la imbottirebbero di farmaci senza seguire un progetto di recupero
Casalnoceto (Federico Fossati) – Da due anni una diciassettenne di Pavia vive praticamente sequestrata nella comunità terapeutica Paolo VI di Casalnoceto, gestita dalla Curia di Tortona, dove la imbottirebbero di psicofarmaci al punto che non riesce più a parlare, se non balbettando o incespicando, e a tenersi pulita, in quanto non ha più controllo della sua vescica. Sviene spesso e non va più a scuola. Ancora avvolte dal mistero le motivazioni che hanno spinto il tribunale dei minorenni di Milano che ha respinto la denuncia dei genitori costringendo la ragazzina a stare dov’è “per il suo bene”.
Da bambina ha subito molestie
La giovane era stata, purtroppo, vittima di molestie, ma non da parte dei genitori, persone amorevoli e per bene. Le erano sempre stati accanto, ma l’esperienza l’aveva traumatizzata così tanto da manifestare segni di disagio come nervosismo, ribellioni, disinteresse per la scuola. Preoccupati, i genitori si erano rivolti alla Questura, che li avevano consigliati di indirizzarsi ai Servizi sociali. Ma invece di un aiuto, si sono visti “sequestrare” la figlia. “Hanno, infatti, ricevuto dal tribunale dei minorenni di Milano la sospensione della responsabilità genitoriale” ci ha detto l’avvocato Francesco Miraglia, al quale i genitori della diciassettenne, disperati, si sono rivolti per ottenere giustizia. “La figlia, invece – spiega Miraglia -, è stata rinchiusa nella comunità terapeutica, dove però in due anni non ha ricevuto alcun aiuto. Anzi, la sua situazione è persino peggiorata”.
Stato vegetativo
La ragazza non frequenta più la scuola, a dire il vero non fa più nulla: in comunità si limitano a imbottirla di farmaci, senza una terapia comportamentale, senza un sostegno, senza un progetto di recupero. Nulla. La comunità d’altronde, è piuttosto chiacchierata: sono tanti i ragazzi che sono scappati da lì, uno di loro è morto finendo sotto un treno. Anche loro, a quanto risulta dagli atti, costretti per mesi a stare lì dentro, senza progettualità, contro la loro volontà, veri zombie a causa degli psicofarmaci coi quali li imbottiscono.
Genitori pronti alla denuncia in Procura
“Abbiamo depositato ieri un’istanza urgente al tribunale dei minorenni, chiedendo il ritorno della ragazza a casa – spiega l’avvocato Miraglia – pronti, se necessario, a presentare un esposto alla Procura affinché vada a vedere come funziona questa comunità, e perché, nonostante i gravi, ripetuti episodi, il tribunale dei minorenni di Milano continui ad affidare a questa struttura i ragazzi che poi, è chiaro, non vengono seguiti, ma “parcheggiati” e resi inoffensivi con le medicine.
Le strane sentenze del tribunale dei minori
Ma il tribunale sa dove li manda quei giovani? Va mai a controllare come procedono le terapie, se questi ragazzi migliorano e possono finalmente ritornare a casa propria? Si rende conto degli effetti devastanti dei suoi provvedimenti?
Ieri pomeriggio, dopo l’ennesima videochiamata con la figlia – nel corso della quale i genitori hanno notato in lei l’impossibilità a sostenere una conversazione, tranne che per annunciare l’intenzione di togliersi la vita – i genitori sono corsi alla comunità per riprendersi la figlia e farla visitare al pronto soccorso. Qui ha rilasciato delle dichiarazioni sconcertanti, comprovate dalla visita medica: a parte le cicatrici di tagli che si provoca in maniera autolesionista, su una gamba aveva i segni di una bruciatura di sigaretta, inflittale da un ragazzo, e un taglio ad un polso, provocatole da un altro ragazzo ancora. “La segnalazione in Procura – ci ha detto alla fine l’avvocato Miraglia – di tutte queste violenze, ormai, è un atto necessario e urgente”.