FRIULI VENEZIA GIULIA. Allarme Pfas in Friuli, alcune zone resteranno inquinate per sempre. La mappa provincia per provincia
PORDENONE - La mappa è firmata dal quotidiano francese Le Monde, uno dei più autorevoli giornali al mondo. Già il titolo mette i brividi, perché si parla di forever pollution, letteralmente di inquinamento permanente. Sono tracciate, nel dettaglio, le situazioni che in Europa risultano intaccate e contaminate da sostanze che non se ne andranno. Dal sottosuolo principalmente. L’acronimo conosciuto dalla comunità scientifica mondiale è Pfas, composti chimici utilizzati in campo industriale per la loro capacità di rendere i prodotti impermeabili all’acqua e ai grassi. E si tratta di sostanze potenzialmente dannose per la salute dell’uomo e dell’ambiente in genere. Il particolare? Questi siti che il quotidiano francese definisce come contaminati per sempre esistono anche in Friuli Venezia Giulia.
LA CARTINA
La cartina disegnata da Le Monde se non supportata da un ingrandimento sembra solo una grande macchia. Sì, perché di punti caldi indicati nello studio in Europa ce ne sono a centinaia. Avvicinando la lente e limitando la ricerca al territorio della nostra regione, di inizia dalla provincia di Pordenone. Secondo i ricercatori che hanno portato a termine lo studio, nel Friuli Occidentale ci sono tre “punti caldi”. Si tratta di siti nei quali la contaminazione da sostanze perennemente inquinanti è stata accertata oltre ad ogni ragionevole dubbio. E non ci sono altri territori del Friuli Venezia Giulia con così tanti punti rossi. Nel dettaglio, il primo “hot spot“ si trova a Porcia. Si parla di acque sotterranee, quindi di falde superficiali. E il livello dei composti chimici è altissimo, pari cioè a 229 nanogrammi per litro. Si tratta allo stesso tempo del punto più inquinato di tutta la provincia. Il secondo pallino rosso, sinonimo di allarme, si trova a Roveredo e ancora una volta si parla di acque sotterranee. Il livello della concentrazione delle sostanze è inferiore, ma comunque al di sopra del limite, con 75 nanogrammi per ogni litro d’acqua. Il terzo punto segnalato dalla mappa è quello del rio Sentirone a Prata di Pordenone. Qui invece si parla di acque superficiali è il livello della sostanza è pari a circa 61,2 nanogrammi per litro. In provincia di Udine invece è segnalato l’allarme più alto di tutto il Friuli Venezia Giulia. Si trova a Premariacco e ancora una volta il problema è relativo alle acque sotterranee. Il livello è spaventoso, pari cioè a più di 800 nanogrammi per litro d’acqua. Quattro volte il sito di Porcia. L’ultima zona rossa della regione si trova invece in provincia di Trieste, nel quartiere di Domio. In questo caso l’inquinamento riguarda le acque superficiali.
LA LEGENDA
Esistono poi altri punti, che nella mappa realizzata da Le Monde compaiono non in rosso ma in azzurro. Si tratta di zone presumibilmente inquinate da Pfas, ma non con estrema certezza. E il numero naturalmente in questo caso aumenta nettamente. In provincia di Pordenone, ad esempio, spicca il pallino corrispondente alla base Usaf di Aviano. Tema delicatissimo. E ancora via Burida e vi
Falde inquinate, il commento dell'esperto: «Certi pesticidi li troveremo per 100 anni»
a Savio a Pordenone, dove il problema potrebbe essere generato dai rifiuti, così come a San Vito al Tagliamento in via Zuccherificio. Coinvolto in modo presunto anche un sito industriale di Fiume Veneto. In provincia di Udine la mappa mostra tra i siti presunti la Bipan di Bicinicco, le cartiere di Tolmezzo e Ovaro, ma anche la base militare di Rivolto, da dove decollano le Frecce Tricolori.
La conferma, purtroppo, è arrivata solo qualche giorno fa in provincia di Pordenone. È arrivata sotto forma di dati, elaborati dagli esperti dell'Azienda sanitaria del Friuli Occidentale e riguarda lo stato di salute delle fontane e dei lavatori del capoluogo provinciale. Solamente nove erogano acqua potabile, la netta minoranza. In quel caso la responsabile è l'atrazina, o meglio un suo metabolita chiamato Dact. Cambia poco, perché banalmente si tratta di fitofarmaci usati tempo fa in agricoltura.
Ma per quanto troveremo queste sostanze nel sottosuolo? Se ne andranno e torneremo a poter "pescare" acqua sana e pulita? L'analisi dello stato dell'arte arriva dal Dipartimento di prevenzione dell'Azienda sanitaria del Friuli Occidentale e precisamente dal dottor Lucio Bomben che lo dirige. «Purtroppo - spiega l'esperto, in prima linea contro il Covid e ora tornato ad occuparsi a tempo pieno della prevenzione a 360 gradi - queste sostanze le continueremo a trovare anche per 100 anni. Non ce ne libereremo così facilmente». Bomben riavvolge il nastro e torna a 30 anni fa. «L'uso dell'atrazina in campo agricolo - ricorda - è stato ufficialmente abolito ormai nel lontano 1992 e pensate, continuiamo a trovare ancora i metaboliti di quella sostanza nelle nostre falde. Nei campionamenti che facciamo al giorno d'oggi. Per questo dico che probabilmente anche tra un secolo andremo a rintracciare la stessa minaccia che troviamo oggi».
I LIVELLI
Il problema, in Friuli Venezia Giulia, è che ormai per trovare tracce di sostanze nocive come l'atrazina non si deve rimanere così vicini alla superficie come un tempo. Nel corso dei decenni la sostanza ha "lavorato", scendendo più in profondità e contaminando anche falde molto meno superficiali.
«A trenta-quaranta metri di profondità - spiega ancora l'esperto Lucio Bomben - le nostre falde sono ormai tutte inquinate. E a rischio ci sono anche i pozzi artesiani privati, quelli cioè che servono in gran parte della nostra regione le abitazioni private». Meno rischi, invece, per quanto riguarda gli acquedotti pubblici, che pescano a una profondità spesso maggiore di 150 metri oppure che sono serviti con filtri al carbone in grado di catturare anche l'atrazina, che va ricordato è una sostanza riconosciuta dall'Oms come cancerogena.
Scoperto un nuovo agente nocivo nel pozzo di una casa: al via le analisi del rischio e della minaccia
Informazioni condivise dall'Arpa e dagli ospedali del Fvg. Si tratta dell'ennesimo prodotto utilizzato in agricoltura
Al lavoro, nel caso specifico, c'è l'Arpa, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente. L'allarme ancora non ha un colore ben definito, ma la notizia non ha fatto piacere agli esperti, tanto che nelle ultime settimane tra i Dipartimenti di prevenzione c'è stato un fitto scambio di comunicazioni. Nella Bassa Friulana, quindi siamo in provincia di Udine, nelle acque di un pozzo artesiano al servizio di un'abitazione privata, è stato trovato un nuovo pesticida. Una sostanza presumibilmente nociva ancora non scovata altrove. E non è certamente una buona notizia.LE INDAGINI
I campionamenti sul territorio sono continui e riguardano sia le acque superficiali (quindi fiumi, laghi e torrenti), che quelle sotterranee, concentrate principalmente nelle falde. La siccità poi non fa che peggiorare questa situazione. La scoperta nella Bassa pianura friulana nel pozzo artesiano dell'abitazione in questione è stata fatta "per caso", cercando in realtà sostanze "classiche" come ad esempio l'atrazina e i suoi metaboliti più conosciuti. Gli esperti non si aspettavano di rintracciare anche un altro inquinante, l'ennesimo di una lunga serie. Ora le indagini si concentrano sulla classificazione di questo pesticida, utilizzato in agricoltura presumibilmente nello stesso periodo in cui l'uso dell'atrazina era di fatto normale in tutta la campagna del Nord Italia.
IL QUADRO
Nella lista delle criticità c'era anche il "re" dei fiumi del Friuli Venezia Giulia: il Tagliamento. Nel dettaglio, l'analisi condotta dall'Arpa si riferiva a quello che viene chiamato "stato chimico", cioè la concentrazione di sostanze inquinanti. E un lungo tratto del fiume "maestro" della nostra regione era colorato di rosso. Non una buona notizia, dal momento che il colore corrisponde a uno stato chimico "non buono". Si tratta ad esempio dell'asta che si trova in corrispondenza del comune di San Daniele e del tratto di fiume nei pressi di San Vito al Tagliamento, Codroipo e Camino, a cavallo tra le province di Udine e Pordenone. «Le analisi delle sostanze prioritarie - si leggeva nel rapporto dell'Arpa - hanno portato all'assegnazione di uno stato chimico non buono per la presenza tributilstagno. L'allarme era elevato: si tratta di una sostanza molto tossica, utilizzata nelle vernici per impedire ai composti organici di attecchire.
La stessa Arpa aveva garantito un monitoraggio costante delle acque del fiume (non l'unico a presentare uno stato chimico non buono), provando allo stesso tempo a rassicurare gli amministratori dei comuni, come ad esempio il sindaco di San Vito al Tagliamento. Altri inquinanti erano stati trovati - con diverse concentrazioni - anche lungo il corso del Noncello, quindi a Pordenone.